Paese che vai, usanza che trovi, recita un vecchio detto. Non per Berardi, che in ogni stadio d’Italia riceve da anni la stessa accoglienza: offese, insulti, minacce. Abitudini da stadio, certo, che non abbiamo la presunzione di voler scardinare: fino ad un certo punto, gli sfottò sono anche ben accetti. Berardi ha imparato ad avere la scorza dura: da carattere fumantino quale era, al crescere esponenziale dei cori ha diminuito sempre più le reazioni, fino a far parlare soltanto il campo. Anche nelle temute interviste ha eretto un muro di gomma ed è sempre uscito indenne: magari senza frasi ad effetto, ma neanche senza parole fuori posto.
Questo però, alla giustizia sommaria dei social e degli stadi, non è che interessi tanto: come diceva Gustave Le Bon, le folle non hanno mai avuto sete di verità. Aizzate da buona parte della stampa nazionale, le piazze – digitali e non – hanno contribuito a perpetrare nell’opinione pubblica la figura di Berardi come un sopravvalutato in campo, uno stronzo fuori, e chi più ne ha più ne metta. Fino ad arrivare all’episodio di ieri, ripreso da molte testate come se non stessero aspettando altro che un passo falso di Mimmo, certi di trovare l’appoggio del gramo pubblico a cui si rivolgono.
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Ieri ero allo stadio e, nel primo tempo, mi si è avvicinato un tifoso del Modena chiedendo (testuali parole): “Ma non lo odiate un po’ anche voi Berardi?”, con la tranquillità di chi, se avessi risposto affermativamente, non si sarebbe neanche sorpreso più di tanto. In quel momento, quel tifoso non stava parlando per se stesso, e neanche da simpatizzante del Modena, ma si stava autoproclamando portavoce della verità, del calcio pulito e del fair play. Stava parlando a nome dei veri tifosi, di qualsiasi squadra: almeno nella sua testa. A fine partita, mi è stato inoltrato più volte il video che vede Berardi reagire di peso – senza arrivare alle mani – contro un tifoso del Modena, reo di aver offeso la famiglia e in particolare la moglie e il figlio di Domenico. Berardi, da professionista quale è, ha sbagliato a reagire così e si è già scusato con una storia Instagram: ma i giocatori non sono dei punching ball con cui sfogare i propri istinti primitivi. Sono esseri umani, con le loro forze e le loro debolezze.
La questione è chiusa? Forse l’episodio di ieri andrà in archivio, ma il fenomeno generale di offesa gratuita al bersaglio facile continuerà ancora a lungo: dare contro a Berardi ormai è universale. Non è la prima volta che la moglie Francesca smaschera i rigurgiti acidi di tifosi – anzi, limitiamoci a dire spettatori – contro il proprio marito. Già sappiamo come risponderà la prossima tifoseria ai falli che Berardi ha imparato a guadagnare con la sua esperienza e scaltrezza: altri cori, altri fischi, altri insulti. E Mimmo risponderà con altri dribbling, altri assist, altri gol. Non ragioniam di loro, ma guarda e passa, diceva Dante Alighieri nella Divina Commedia.