articolo di Giovanni Pio Marenna
Da dove cominciare in questa mostra del cinema calcistico che porta l’Atalanta al primo posto in classifica per la prima volta nella sua storia? Iniziamo dai 3 scontri diretti. Il Napoli di Spalletti doveva farsi trovare pronto davanti a questo bivio. E gli è toccato anche dover reagire ad una partenza rumorosa della Lazio di Sarri, che poi, a parte qualche sprazzo, s’è spenta per un’ora. La premiata ditta doppia K (Kim e Kvaratskhelia) mozza la testa di un serpente aquilesco velenoso ma non costante che va in “eiaculazione calcistica” veloce. Troppo. Asfaltato completamente da un Napoli che se gliene avesse rifilati altri 2/3, non avrebbe rubato assolutamente nulla neanche ai punti.
Nel derby milanese a dire l’ultima parola è la squadra di Pioli. Non inganni il risultato finale, con una sola rete di distanza tra le due. La differenza, in questo momento, tra Milan e Inter è che la prima prosegue nel bel e apprezzabile solco tracciato fino a qualche mese fa, nella scorsa stagione. Non solo Leao e Maignan, quindi, ma anche la certezza granitica di un Theo Hernandez e ad un mercato condotto nel miglior modo possibile. Il resto è frutto di una gestione irreprensibile di Pioli, che si andava a scontrare con quella fragile e disorientata di Inzaghi.
Proseguiamo. Si recava a Firenze per una delicata trasferta la Juventus. Le critiche ad Allegri, per l’atteggiamento passivo e di attesa, sono sembrate onestamente esagerate. La casa si costruisce con i mattoni che si hanno. E contro una Fiorentina con il coltello tra i denti e, per di più, in casa, Allegri ha scelto l’andamento lento di aspettare le mosse dell’altro. Per difendersi certo, ma anche per capire come bucare la porta viola con una fucilata e buona. E’ stata una buona scelta? Per come l’aveva prevista, alla fine sì, ha avuto ragione Max. I bianconeri a Firenze hanno raccolto un punto, così come il Napoli qualche domenica fa raccolse un punto. Non un dramma così mastodontico. Ma, probabilmente, adesso è lo stesso Allegri a non andare più giù ai tifosi. Tanto da criticargli, giusto o sbagliato che sia, ogni minimo pelo. Ogni filo di pretesto diventa un intero prato di fili d’erba in fiamme. Oppure è lui che dovrebbe definitivamente prendere atto che il feeling s’è rotto. O, forse ancora più probabilmente, è il suo ritorno che non è stato mai pienamente gradito ed accettato. Soprattutto, dopo l’inizio a rilento, dell’anno scorso.
Roma fa la “stupida” stasera stracciata dall’Udinese di Sottil. Forse è ancora presto per essere definita la squadra rivelazione, ma certo, dopo aver sconfitto la Fiorentina, il poker alla Roma era inaspettato. Campanello d’allarme per Mourinho o conigli bianconeri dal cilindro continui che sorprendono? La Roma, ai primi venti forti e alle prime maree alte, soffre molto di stabilità e di tenuta. Troppo brutta per essere anche reale. E invece poi l’incubo è vero ed evidente. Già nello scorso campionato avvenne questo. Al di là della qualità indiscussa di squadra e singoli, Mou dovrà lavorare soprattutto su questo aspetto. Mettendo delle pietre robuste nelle tasche dei giocatori. Perfetto equilibrio invece per un’Udinese, che non si limita a stupire, ma mira ad impensierire con gli affondi delle sue cavalcate. Citando Boskov, Mourinho ha detto che è meglio perdere una volta 4-0 che quattro 1-0. Vero, ma sconfitte così pesanti possono lasciare il segno qualora non ci dovesse essere una reazione.
Di cavalieri e cavalli ne citiamo continuamente tanti. Ma cavalcare due draghi è cosa assai complicata. Lo sanno Juric e Gasperini, i tecnici che hanno vissuto i momenti più critici con le loro società nel pre-campionato. Torino e Atalanta s’erano scontrate la settimana scorsa, con la vittoria della Dea neanche così meritatissima. Sono, in questo momento, entrambe le più ciniche e spietate. Poco sprecone, molto concrete, con i granata a provare a far divertire di più. Lo ha fatto, negli ultimi anni, l’Atalanta prendendosi grandissime soddisfazioni anche in Europa, ma mancando di un paio di passi la definitiva consacrazione in Italia. In questo momento è senz’altro un drago che colpisce e si trincera nella sua corposa corazza. Anche col Monza non ha brillato, ma nella ripresa non c’è stata alcuna storia. Seppur con un possesso palla e con una quantità di passaggi per la costruzione ben inferiori, non si aspettava altro che sputasse fuoco per bruciare l’avversaria di turno. Non entusiasma, ma ne ha vinte 4 e pareggiato col Milan.
Sembra che la consapevolezza nei nerazzurri di Gasperini sia giunta proprio con l’inizio di un ricambio generazionale in campo. Un ricambio generazionale. Proprio come accade o sarebbe dovuto accadere nel prequel del Trono di Spade, quell’House of Dragons in onda da qualche settimana. E che salsa bergamasca infuocata quella di Lookman e Höjlund (secondo sigillo per l’inglese, primo per il danese) a condire tutti gli altri piatti. Che poveri di qualità certamente non sono. Ma quelli bollenti sono letali. Chapeau!