Non è tanto la sconfitta contro i campioni d’Italia a far male, ma è la consapevolezza di quello che vuol dire, ad ora, questo Napoli-Sassuolo 2-0. Seconda giornata. Zero gol fatti. Quattro gol subiti. Zero punti in classifica.
E se quella del Maradona è stata una partita nella quale, rigori a parte, il predominio azzurro si è visto dall’inizio alla fine, questa sconfitta fa sì che i tifosi tante domande se le facciano. Sulla composizione della rosa, ma non solo.
Mancano una manciata di giorni alla conclusione del mercato, quindi l’alibi della squadra in costruzione durerà ancora poco e poi a parlare sarà implacabilmente il campo. Questione Berardi a parte, si parla di una situazione Lopez che fa discutere non poco. Perché se il centrocampo “ricostruito” di questa stagione deve ripartire dal francese e da Henrique, l’episodio dell’espulsione del primo sembra andare tutto in un altro senso. Di deresponsabilizzazione.
Perché, parliamoci chiaro, giocare a Sassuolo deresponsabilizza tanti giocatori. I migliori usano il palco del Mapei come trampolino di lancio che a un certo punto non basta più. Lo abbiamo visto con Locatelli e Frattesi, Scamacca e anche con Raspadori (distinguo a parte), meno mediaticamente con Kyriakopoulos e Rogerio. Lo stiamo vedendo con Berardi e probabilmente con lo stesso Lopez. Chi resta, in genere, ha il posto assicurato in attesa del prossimo talento, della prossima scommessa vinta. E quest’anno si è scommesso molto. La rifondazione ha visto degli arrivi in attesa dei quali si punta su chi già c’era. Che non sempre brilla, ora come in passato.
Le scelte le fa Dionisi e noi abbiamo una frazione infinitesimale rispetto alle informazioni che ha lui. Che i giocatori li vive nel quotidiano, non solo nel week-end. Quindi si assume la responsabilità di fare delle scelte. Vede miglioramenti e noi ci fidiamo (anche se pure lui fa intuire che c’è qualcosa che non va). Ma ad un certo punto la tifoseria pretende che qualche risultato arrivi.
Perché è vero che i tifosi del Sassuolo non sono tanti e fanno poco rumore nel panorama calcistico nazionale. La vicenda dei biglietti della trasferta di Napoli denunciata dai Sic Ex Murice Gemmae, ad esempio, non sarebbe passata così in sordina se a farla fossero stati i tifosi organizzati di club un minimo più numericamente rilevanti. Ma i tifosi vanno rispettati sempre. Siano anche i classici quattro gatti o gli occasionali della domenica. Figuriamoci chi sostiene la baracca andando allo stadio ad ogni partita o con gli abbonamenti alle Pay TV.
E la deresponsabilizzazione non è una risposta. Chi gioca a calcio da professionista deve farlo da professionista, sempre. Che giochi in finale di Champions League o che lotti per la salvezza ai play-off di Serie C. Che si chiami Erling Haaland o Pinco Pallino.
Ma torniamo a noi. Non viene meno la fiducia nella società né quella nell’allenatore. La prima ha dimostrato coi fatti di riuscire a fare cambiamenti importanti e che le sue scommesse nella stragrande maggioranza dei casi sono vincenti. Il secondo è incappato in un calendario complicato con la rosa quasi completamente rinnovata. Quindi è vero che c’è bisogno di tempo, in entrambi i casi.
Mancano 36 giornate per scoprire i verdetti e parlare già di retrocessione come in tanti hanno fatto sui social è quantomeno azzardato. Anche perché dieci anni or sono, la prima stagione in Serie A ci dimostrò quanto il campo possa invertire anche le statistiche più disperate.
Napoli-Sassuolo è finita 2-0, ci dispiace ma è andata meglio rispetto al 4-0 dello scorso anno. E al 6-1 di due stagioni fa. Resta il dato che proponevamo all’inizio: zero punti in classifica, zero gol fatti, quattro gol subiti. Ora alla prossima ci sarà lo scontro contro il Verona a punteggio pieno, capolista con Napoli e Milan in attesa di Cagliari-Inter.