Filippo Romagna si è concesso ai microfoni di TuttoSport, dove ha parlato del suo trasferimento in prestito alla Reggiana ma soprattutto del ritorno in campo dopo il lungo infortunio: “Se ripenso a quel 9 marzo 2020 mi dico che sono stato bravo a tenere duro grazie all’aiuto della mia famiglia e della mia fidanzata. Quel giorno si giocava Sassuolo-Brescia, sapevamo che il Covid avrebbe bloccato tutto, la sera Giuseppe Conte chiuse ufficialmente l’Italia, Caputo segnò un gol e mostrò alla telecamera un foglio di carta con su scritto: “Andrà tutto bene, restate a casa”. Io quel giorno mi ruppi il tendine rotuleo del ginocchio. Un calvario. Due giorni dopo il crac ero a Brescia per farmi operare. Quando tornai a casa, il mondo era cambiato: tutto fermo, tutto in silenzio e io lì con quel gambone“.
La riabilitazione non è stata facile: “Feci 16 mesi di riabilitazione poi dovetti tornare sotto i ferri. Continuavo ad avere dolore, non appena provavo a forzare il ginocchio si gonfiava nuovamente. Otto mesi dopo la seconda operazione ce ne fu una terza e poi un quarto intervento, per fortuna risolutivo, a maggio del 2022. Nella stagione scorsa sono stato a completa disposizione del Sassuolo, ma è chiaro che, quando sei fuori da tanto tempo, le gerarchie sono stabilite e trovare posto in una squadra che sta facendo bene non è facile. Ringrazio comunque Dionisi e la società che mi hanno rimesso in campo nel finale di partita con la Sampdoria il 26 maggio nel giorno del mio compleanno e per un tempo all’ultima giornata con la Fiorentina. Ho giocato anche qualche partita con la Primavera per non perdere il ritmo gara“.
Il Sassuolo c’è sempre stato: “Continuavo a darci dentro, anche doppi allenamenti. Ho saltato le vacanze estive, anche se c’era solo un 1% di tornare in campo volevo coltivarlo. Pure il Sassuolo è stato determinante, facendomi credere che continuava a puntare su di me. Da Carnevali a Rossi, dai fisioterapisti ai magazzinieri, dagli allenatori ai compagni, tutti mi hanno spronato a non mollare. In certi momenti il rapporto che si crea con un allenatore va oltre il calcio. Con De Zerbi ci sentiamo ancora, sono contento che sia approdato in Premier League. Lo stimo molto per il gioco che propone e per i valori umani che trasmette. Lui e Dionisi fanno il calcio che più mi piace, quello in cui anche i difensori partecipano alla manovra“.