Marco Nosotti è uno dei volti più noti del giornalismo italiano: classe 1959, formiginese ma nato ad Empoli, Nosotti è da anni nella squadra di Sky Sport, con cui segue da vicino – anzi, vicinissimo – non solo la Serie A ma anche la Nazionale. Ma Nosotti ha un rapporto stretto anche con il Sassuolo: sul palco sì, da dove ha diretto le ultime apparizioni pubbliche della squadra come il Magnanelli Day, ma anche in campo, con la trafila nelle giovanili fino alla prima squadra negli anni ’60 e ’70. La redazione di Canale Sassuolo ha avuto il piacere di intervistare Marco Nosotti, che si è dimostrato fin da subito di una disponibilità rara.
Il tour parte dall’attualità, con un commento sulle prime nove giornate di campionato: “È un Sassuolo segnato dalle assenze e da una rivoluzione: con la partenza necessaria, almeno a quelle cifre, di due giocatori come Scamacca e Raspadori, perdi 26 gol, sui 64 segnati l’anno prima, e 5 assist. Questa è un po’ la funzione del Sassuolo: costruisce, dà l’opportunità di sbagliare e crescere. Poi, giustamente, il club mira ad un’autonomia economica e finanziaria: la ottieni solo così. Sul fronte assenze, i neroverdi sapevano già di partire senza Traorè, che l’anno scorso ha fatto una seconda parte di campionato significativa, e poi hanno perso Berardi ad inizio stagione”.

“Dopo questa rivoluzione, Dionisi al secondo anno può trasmettere qualcosa di suo in maniera sempre maggiore. Questo lo si vede in tre cose: nei clean sheets stagionali, già cinque; nell’attenzione mentale, forse trascurata con De Zerbi perché preso dalle soluzioni offensive; nella ricerca immediata della verticalizzazione. Consigli para meno perché questo Sassuolo è una delle squadre a cui fai più fatica a tirare in porta, è una squadra che fino a prima della gara con l’Inter aveva subito solo 19 tiri nello specchio della porta. Questa è la grande differenza che vedo rispetto all’anno scorso. Soprattutto, questa è una squadra che ha sopperito con le proprie forze alle assenze: ci sono state risposte tecnico-tattiche e strategiche. Il gruppo aiuta, ti permette di avere fiducia e autostima, ma è la squadra che vince le partite”.
ovviamente il noso, appena sveglio, ci ha messo 3 secondi a farle fuori per colazione
— Giulio Nosotti (@Giulio_Nosotti) October 13, 2022
Abbiamo chiesto al Noso, com’è chiamato amichevolmente da amici, colleghi (e addirittura familiari, come dimostra il tweet del figlio Giulio qui sopra) un giudizio sull’anno e qualcosa di gestione Dionisi: “L’ho cominciato a conoscere quando ha fatto bene a Empoli. Mi piace: è pragmatico ed ha conoscenze. Ha una sensibilità forte nel cogliere di che cosa aveva bisogno questo gruppo e ha saputo modellare quello che gli dava la società senza rinunciare alle proprie idee di calcio. E’ un allenatore meno empatico per chi lo vede dall’esterno, ma è uno che ha interpretato bene l’azienda Sassuolo. Gli ha dato un po’ di fastidio che gli abbiano venduto dei giocatori, o che i tempi del mercato non siano stati quelli dell’allenatore, ma non l’ha mai fatto pesare. Da un punto di vista mediatico, sa benissimo che il Sassuolo si trova ai confini dell’impero e quindi ci possono essere dei pregiudizi, ma anche delle esagerazioni, nel trattare i singoli”.
“Dionisi ha saputo gestire anche le convocazioni in Nazionale di Scamacca, Berardi, Raspadori e Frattesi: l’ha fatto con l’impiego e il lavoro sul campo. Credo abbia dato risposte tecniche alle domande della squadra: ha notato l’esigenza della squadra di prendere meno gol e sfruttare meglio certi momenti della gara. L’anno scorso, quando la squadra andava nel pallone, non ne usciva. Questo deriva anche dallo stile di gioco precedente di De Zerbi, dove i neroverdi sapevano di poter prendere un gol a partita ma anche di essere in grado di farne uno o due. Credo che abbia dato delle certezze: lo si vede nel lavoro che sta facendo con le mezzali e da come sta usando una prima punta come Pinamonti, che ha voluto e che sapeva essere necessaria per la squadra. E’ un ragazzo che ha saputo calarsi nella situazione, ha ambizioni e idee di gioco. Sta anche facendo crescere i singoli: l’esempio più lampante è Frattesi“.

Marco Nosotti: “Il prossimo ad andarsene sarà Lopez, Sassuolo modello anche all’estero”
Abbiamo poi chiesto a Marco Nosotti un parere sulla linea tenuta sul mercato dalla società. Una linea che sta toccando sempre più parti di mondo, dal Nord Europa al Sudamerica, passando per Francia e Turchia, a discapito a volte dei prodotti nostrani. “Costano troppo”, ha spesso detto Carnevali interpellato nel merito: “Si era partiti con l’idea di acquistare giocatori giovani, bravi e italiani. La trovo una cosa interessante: io sono per gli italiani perché restano, mentre gli stranieri se ne vanno. Le dinamiche del mercato stanno cambiando e sono legate anche ai bilanci. Quella di quest’anno è stata una profonda rivoluzione, una spesa così non la vedevo dai primi anni di Serie A. Il Sassuolo è una società ben strutturata, una società moderna che in Europa è un modello: quando seguo le squadre europee e parlo con loro, mi citano anche il Sassuolo. E’ un club che viene preso in considerazione per come è organizzato e per come lavora. L’anno scorso è stato cambiato tutto l’impianto scouting, quindi il mercato di quest’anno deriva un po’ anche dal nuovo imprinting. Sono stati comprati dei giocatori di prospettiva perché questo è quello che deve fare questa squadra”.
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“Se andiamo a vedere le prime sette partite di questo campionato, sono ventitré gli Under 23 che hanno giocato titolari almeno in cinque gare e di questi solo dieci sono italiani. Poi vai a vedere dove giocano e li trovi a Cremona, Verona, Empoli e Sassuolo. E’ giusto che sia così, ma i tifosi delle altre squadre non si devono lamentare quando il Sassuolo batte cassa perché il lavoro di scelta e formazione è stato fatto a monte. Il Sassuolo ha speso tanto, ma ha anche incassato: sono stati presi giocatori funzionali all’allenatore come Alvarez e Thorstvedt. Sono giocatori che hanno qualità, fame e voglia di mettersi a disposizione. Il mettersi a disposizione è una garanzia. D’Andrea sta venendo su: il lavoro del settore giovanile ha senso se metti due giovani in pianta stabile in prima squadra ogni anno. Gli allenatori del settore giovanile fanno crescere i giovani e se vinci tanto meglio, basti guardare ai due Viareggio. Raspadori capita una tantum, a Napoli e in giro per l’Italia se ne stanno rendendo conto un po’ alla volta: è un grande giocatore perché è una grande persona. Come società devi andare a cercare giocatori che possano essere utili per le conoscenze che può trasmettere il tuo allenatore, ma soprattutto giocatori che possano stare bene insieme: stare insieme è come un matrimonio. Ora la società deve trovare un grande centrocampista perché il prossimo ad andarsene sarà Maxime Lopez che, insieme a Brozovic, è uno dei centrocampisti centrali migliori del campionato”.

Marco Nosotti: “Il mio Sassuolo pane e salame: ecco i miei ricordi in neroverde”
Apriamo ufficialmente lo scrigno dei ricordi chiedendo al Noso del suo passato a difesa dei pali della porta neroverde (e rossoblù): “Ero scarso – dice ridendo – ma mi sono divertito. Non ero uno di quelli che diceva ‘se non avessi avuto quell’infortunio adesso chissà…’. Ho fatto la trafila dalle giovanili alla prima squadra: il sabato giocavo nella Berretti e la domenica andavo con la prima squadra. Come portierino ero un normotipo, attaccavo già la palla. Sono molto legato alla stagione 1975/76, quando ci siamo salvati a 31 punti con il punto decisivo ottenuto contro l’Osimana (che andò in C2, ndr): avevo come compagni Barbieri, Grechi, Baisi come centravanti. Tra gli attaccanti del mio cuore menziono anche Daniele Montagnani, affermato dirigente ed ex dj allo Snoopy con Vasco Rossi: la coppia funzionava molto. E’ stato bello: ho vissuto gli anni della fusione tra Sassuolo e Giofil, che divenne Sassolese. Per un anno eravamo rossoblù in onore del nostro allenatore Ezio Pascutti (uno degli eroi Scudetto 1964 con il Bologna, ndr): la scelta fu del presidente Giovanardi”.
“Vorrei ricordare anche il Presidente Giulio Cantelli, che ha lavorato in condizioni difficilissime, e Giorgio Mariani: sono due delle persone più importanti che hanno rappresentato il mio Sassuolo. Un Sassuolo ‘pane e salame’, con trasferte in Emilia, in Romagna, o al massimo in Umbria o nelle Marche: la Serie D era divisa così. Giorgione veniva da Cesena e aveva una voglia matta di fare bene per il Sassuolo: un uomo con un fisico meraviglioso, un gladiatore, e in campo era un’ala vera. Mariani è andato in alto ma è tornato per fare grande anche il Sassuolo. Sono stato legato anche all’allenatore Franco Martinelli, che adesso non c’è più e che è stato un mito per il settore giovanile del Sassuolo. Era un Sassuolo diverso: si giocava al Ricci. C’era un grande numero 10 come Walter Balestri, se ne ricordava anche Gene Gnocchi che era a Suzzara. ‘Era forte quasi quanto me’, diceva con tono scherzoso. Tra i portieri ricordo Romani, Ruozzi e Bertolini, in difesa Giancarlo Corradini. In una partita ufficiale contro il Parma ho preso sette gol: ne parlavo con Pomini e Consigli, che mi hanno raggiunto (entrambi nei due sciagurati 0-7 contro l’Inter, ndr). Io però li presi in un solo tempo”.

“Poi, il Dio del calcio ha pensato bene di manifestarsi attraverso le forme di Leo Turrini, mio compagno di liceo, che dopo un’intervista mi ha consigliato di bussare alle porte di TeleSassuolo. E da allora sto giocando. Dov’erano le nostre partite? Si giocava un po’ al Ricci e un po’ al Cuoghi di Fiorano. Il Ricci pieno era bello, anche se Sassuolo è da sempre una città di immigrazione e non ha mai avuto una grossa tradizione: si tifava Modena, Reggiana o addirittura il Bologna. I nostri derby? Non con il Modena, ma con Carpi e Reggiana. Con l’ascesa del Sassuolo, in B e in A, si è deciso di cambiare stadio: non si poteva costruire un nuovo stadio a Sassuolo, non era forse opportuno anche considerando il momento di crisi. Le strutture che Mapei ha costruito rimarranno alla città e alla cittadinanza, sono un bene per il calcio italiano”.

Marco Nosotti: “Il Sassuolo continui a lavorare sul territorio”
Il Sassuolo ha chiuso la campagna abbonamenti con poco più di 6.500 tessere, in linea con il trend tenuto dal suo arrivo in Serie A. Eccezion fatta per la stagione d’esordio in massima serie, dove vennero sfiorate le 8mila sottoscrizioni. Nosotti ci parla anche delle prospettive del tifo a Sassuolo, tra impegno diretto della società e importanza dei risultati sul campo: “I risultati sono importanti, non ci dobbiamo aspettare una società che lotti sempre e comunque per l’Europa, bensì una che ci può arrivare. Dieci anni in Serie A sono una cosa straordinaria ed è l’ora che la gente se ne renda conto. Lo stadio ha visto eventi di alto livello, dall’Europa alla finale di Champions femminile. Lo Scansuolo è un alibi sciocco e da perdenti. La società ha lanciato molte iniziative importanti per il territorio e per il sociale, pur iniziando ad espandersi anche fuori regione”.
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“La simpatia dall’esterno la possono raccogliere: per questo, il Sassuolo deve insistere con le iniziative sul territorio. Non sarebbe male se qualche giocatore abitasse a Sassuolo, per dirne una. Attenzione maggiore per il pubblico sì, ma durante la settimana, durante la stagione. Vedo di buon occhio anche i rapporti che stanno nascendo con le società Modena e Reggiana: si deve lavorare con serietà e rispetto verso chi è in un’altra serie. Per me si può inaugurare una nuova stagione che, al di là del campanile, può avere un seguito. Dove sarà il Sassuolo tra dieci anni? Se fossi nel Nord Europa non avrei dubbi: sarebbe un Genk, una società da dove sono usciti fior fiore di giocatori. Un club medio, che si spinge in su come rischia qualcosa in giù, ma che ha conoscenze e tradizione, che forma giocatori e formatori. Ma non deve essere solo una società da cui si parte: qualcosina devi concedere alla piazza, per alimentare la passione. Questo è un anno importante per capire se la rivoluzione in atto è sufficiente per restare in alto, mantenendo gli impegni negli altri ambiti. In Serie A ci devi restare, non solo per gli introiti televisivi ma perché è un altro calcio: può capitare di scendere, guai però a pensare che sia finito il percorso”.

Marco Nosotti: “Squinzi mi ha insegnato tanto, è tuttora un punto di riferimento”
Marco Nosotti è stato spesso chiamato dalle società di Modena e Sassuolo per presentare alcuni eventi pubblici, come la presentazione delle squadre in estate. Nessuno ha mai avuto niente da ridire, considerando Nosotti un elemento super-partes rispetto alle diatribe del tifo: “Sono situazioni che nascono quasi in automatico, lavorando a stretto contatto con queste realtà ma mantenendo le giuste distanze a livello professionale. La propria terra la si guarda sempre con un occhio di riguardo, anche dopo aver raccontato per 23 anni il Milan. Da cosa nasce cosa: con Modena e Sassuolo mi sono trovato bene, c’è anche un rapporto di fiducia. Lo vedo come un modo per dare un apporto al calcio delle nostre parti, al quale sono riconoscente. Ho cominciato al Canale 55, ex TeleSassuolo, per poi passare ad Antenna 1, facendo tutto quello che si fa nelle tv locali, cimentandomi e sbagliando, c’era spazio per farlo. Ma dallo sport giocato mi sono portato tre cose: rigore, applicazione e senso del dovere. Mi piaceva trovare le notizie e scoprire il mondo della televisione, ma il ruolo del bordocampista inteso come adesso nasce nel ’93 circa. Da quel momento, avevi uno che a bordo campo rompeva le scatole nel pre, nel post e nel durante. All’inizio, c’era chi si chiedeva ‘Ma chi è questo qua, cosa pretende?’: certe discussioni con Lippi, con Fascetti e con Capello! Credo di aver contribuito in parte a raccontare quel calcio”.
Un doveroso pensiero finale va a chi ha permesso al Sassuolo di diventare così grande: la famiglia Squinzi, con Giorgio in testa: “Devo tanta riconoscenza ad una persona che ho amato in un secondo tempo: Giorgio Squinzi è stato un grande. Un uomo di un’umiltà e di una creatività incredibili, un rappresentante di un capitalismo italiano familiare che sta scomparendo. Un uomo lungimirante ma di grande umanità: mi ha rincuorato vedere l’ascesa del Sassuolo in mano a una persona così. Sassuolo e il Sassuolo devono il suo salto di qualità a Giorgio Squinzi, che tuttora è un punto di riferimento: non può non esserlo. Mi ha insegnato come essere uomini di sport credibili e preziosi”.
Intervista realizzata da Gabriele Boscagli e Martino Cozzi. Ringraziamo Marco Nosotti per la disponibilità e collaborazione dimostrate.
